Mio
padre non mi guardava mai. Voltava le spalle per andare incontro alla
sua vita, malgrado le proteste di sua moglie. Le urla mi trafiggevano
i timpani, le loro notti agitate mi rimangono in fantasie gelose
della loro intimità. Mi sono innamorata di te perchè mi tratti allo
stesso identico modo. Mi giri le spalle e vai dritto per la tua vita,
dopo avermi lasciata con la bocca piena di sangue, perchè l'amore è
più bello se si vede il sangue sulla pelle.
Mi porti tante paste alla crema, e
anche a rimpinzarmi nei locali che fanno la pizza che sembra un
elastico. Ma tu mi ami, trascinandomi come ubriaca nella tua
tragedia.
Mi sono innamorata di te quando mi hai
riempito la pancia e dopo il primo è venuto il secondo e poi il
terzo. Mi sono innamorata di te, ma ora basta. Basta. Non riesco
neanche a guardarmi la punta delle scarpe e tutte le mattine salto
giù dal letto per colazioni, asili, scuole, biancheria, lavatrici,
cucina, scuola, bambini, compiti, mal di testa e mal di pancia.
L'acido della bile mi sta inondando la faccia. Sono gialla,
itterica. Morirò stecchita sotto ad un tavolo o ad un angolo della
strada, seppellita dalla spesa.
Tua
madre non mi voleva. Appena sentiva che eri cresciuto ti serviva la tua
più fumante pappa preferita, annebbiandoti il cervello da non capire
chi era che dovevi amare. O lei o me. Non potevi scegliere. La scelta
era tutte e due. Ma lei mi odiava a tal punto che godeva se mi facevi
male. Il suo sorriso tra i denti lo captavo solo io e riuscivo a
farmi male.
Fino a farmi venire lo stress di farmi
male senza rendermene conto. La mascella cominciava a tremare in
maniera incontenibile, i capelli a cadere lasciandomi chiazze di
alopecia. Poi uscivo nel sole e mi mettevo a dipingere. Fiori, mari,
chiese, gatti e soli. Il sole era l'unica cosa che avrei voluto
sempre con me. Da togliermi il freddo che sentivo. Volai per
scomparire.
Lasciami andare amore, io voglio
vivere. Voglio vivere ti prego. Lasciami viva.
La sberla arrivò inaspettata e poi
ancora un'altra.
Non so da dove sanguino, ma sanguino. Orecchie, naso bocca. Occhi che non riesco ad aprire. La spalla, si ecco la spalla è incastrata tra il muro e la libreria. Mi muovo piano, te ne sei appena andato. Riesco ad aprire gli occhi tra i capelli insanguinati: le palpebre gonfie mi rimandano una luce accecante, ma desidero quella luce, per mettermi in salvo. Lontano.
Non so da dove sanguino, ma sanguino. Orecchie, naso bocca. Occhi che non riesco ad aprire. La spalla, si ecco la spalla è incastrata tra il muro e la libreria. Mi muovo piano, te ne sei appena andato. Riesco ad aprire gli occhi tra i capelli insanguinati: le palpebre gonfie mi rimandano una luce accecante, ma desidero quella luce, per mettermi in salvo. Lontano.
Quanto lontano? Non so adesso, so che
è solo lontano che posso andare. Posso chiamare il 118, oppure la
polizia.
Il cellulare è dentro alla borsetta.
Mi trascino. Devo fare presto, ma devo fare con calma. Non perdere
l'attimo, centrare lo scopo. Lo cerco con un occhio solo, compongo il
113. Una voce dall'altro capo. Sono ferita, venite presto biascico.
Non capiscono, mi sforzo. Do l'indirizzo e crollo. Arriveranno. Ormai
arriveranno. Ed io potrò vivere.
Mi darei un bacio ma non posso.
Aspetto. E' finita.