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lunedì 22 settembre 2014

Farah ai confini del mondo

Farah ha gli occhi di miele, di miele ha il sangue, lo sguardo, i capelli.
E' sbarcata da due giorni.
Il Mediterraneo dà morte e speranza e arrivano. Un percorso obbligato, ti dicono poco, quanti dollari hanno pagato, quanto hanno mangiato, dove hanno pisciato e cacato. Quanto sono sporchi lo senti, una settimana almeno sul barcone. Altri non arriveranno più, inghiottiti dalle onde, sepolti nei ventri delle carrette, asfissiati dalle esalazioni dei carburanti. Sono tanti.

Sono tanti anche i morti di questo fine settimana calmo, sereno, viola come le strisce all'orizzonte, ma di onde ne bastano due per colare a picco. 
Farah ha il diabete. Lo hanno portato con loro il farmaco, in buste di plastica sotto il sole, una vecchia insulina che non si adopera da tempo, neanche negli ospedali depauperati d'Italia. E Farah puzza di urina e merda tra le gambe. 
Il suo inferno è solo iniziato o, forse, continua dalle rive del Mediterraneo che ha lasciato. Sulla striscia di Gaza o dalle montagne dell'Iraq. Sono palestinesi, dicono, ma potrebbero essere indifferentemente siriani, libici, yazidi. Le donne hanno il velo, non lo lasciano nemmeno quando si lavano. 
Farah ha poche parole, pochi sorrisi, mi guarda dal suo lettuccio e non parla. Si lascia fare ogni cosa, una visita, un prelievo, la terapia, il controllo. E' calma, tranquilla, non ha paura, nè ombre l'attraversano. 
Scende, fa pochi passi e si ferma alla finestra a guardare i tetti. Palermo ha i tetti più belli del mondo, spuntano qua e là torri campanarie, cupole rosse di rame, maiolicate, bifore e pensi che tutto sia lì, alla luce del sole. Nei vicoli in basso brulica umanità strisciante offesa e altrettanto infelice.
Farah non li vede i vicoli, sorride alla striscia blu all'orizzonte, lo stesso che l'ha portata via, si sente al sicuro, tranquilla mentre fuori da quelle finestre il caos prende il sopravvento in uffici fatiscenti, dirigenti inadeguati, associazioni umanitarie sedicenti, organizzazioni internazionali. Quanto hanno pagato il tuo capo così adorno di lenti e morbidi ricci, appena sbocciata, sotto la sottanina, il tuo piccolo seno?
La donna che ti accompagna ha come l'altra, che spunta di notte, il velo chiuso tra le pieghe sotto al mento, tu l'abbracci, dicono sia tua madre, puzza, forse non si è più lavata dopo lo sbarco. La donna che ti accompagna in perfetto inglese dice di essere tua zia, che dovete partire. Dovete andare via: ecco questa è sua madre, voi dovete mandarci via. Go Go Go. 
Io piango lentamente per quanto non oso fare e per quanto, non so come, sto facendo.

Clotilde Alizzi