Balduccio Bellaria, sindaco della
città, a ogni angolo di strada sorrideva dai cartelloni 6×3. La città pulita è per tutti, diceva lo
slogan sotto il bagliore dei suoi denti. Il traffico impazzava. I lavoratori
precari si arrampicavano sui tetti del Palazzo Civico. Alcuni si incatenavano
al portone. E lui, sin dall’inizio del mandato, sorrideva dappertutto. Occorre
riconoscergli che, negli anni, aveva cambiato diverse pose: leggermente di
lato, di profilo, in primo piano frontale e varie altre suggerite dal
fotografo. Ma il sorriso sbieco e lucidato gli restava appiccicato sotto le
labbra. Quando, dalla poltrona di sindaco, rilasciava interviste alla stampa
usava guardarsi attorno in cerca di qualsivoglia superficie di vetro potesse
restituirgli la sua immagine riflessa. Ultimamente era infastidito
dall’invadenza di talune istituzioni. L’aumento della tassa sui rifiuti era
stato annullato dal Tribunale Amministrativo Regionale. Bisognava restituire
anni di maltolto ai cittadini. E ora dove li avrebbe trovati ‘sti soldi ?
Balduccio masticava imprecazioni fra i denti e, intanto, ne esibiva lo
splendore. Risolse allora di sparpagliare per le vie della città un contingente
di vigili urbani e di ausiliari del traffico. A fare multe. I cittadini caracollavano
così sotto l’incremento delle imposte locali e delle contravvenzioni.
Quel giorno, sin dal mattino, era
stato grigio, di quelli con il cielo coperto, di pioggia mancata, di afa
umidiccia. Totò, tuta blu e cassa integrazione guadagni, rientrò a casa dopo
avere percorso il solito vialetto recintato da muri di monnezza. Ritirò dalla
cassetta delle lettere la cartella esattoriale della tassa sui rifiuti e una
notifica di contravvenzione per un totale di 318 euro. Imbestialito aprì la
porta d’ingresso, entrò in cucina dove il suo penultimo figlio, Ronni, dieci
anni e quattr’ossa, stava febbricitante nel suo lettino. Il medico aveva scosso
la testa. È sottoalimentato, anemico,
diceva. Deve mangiare carni rosse, pesce,
spinaci, legumi… Totò aveva fatto un rapido conto: circa 15 euro al giorno
solo per Ronni. In tasca 740 di C.I.G. L’affitto non lo pagava. Abitavano da
sua suocera, Carmela Picciurro, settant’anni e una lingua di trenta metri. A
lui toccava pagare da mangiare, le bollette, le tasse comunali e tutto il
resto. Totò guardò Ronni, giarno e secco come una canna. Divenne rosso
iperteso, uscì per strada. Come un furetto saltò sul 102. Dieci fermate dopo si
scaraventò fuori dalla bussola come un missile sin davanti al Palazzo Civico. E
lì, sulla piazza antistante, fra i fasti dei palazzi ottocenteschi, si tuffò
nello specchio d’acqua della vasca barocca. Tutt’attorno gironzolava lieta una
frotta di turisti americani - pantaloni a quadretti e camicia hawaiana -,
sbarcati al mattino dalla nave Crociere
Cresta dei mari. Scambiarono Totò per un artista di strada. Si disposero
attorno alla fontana in semicerchi, in file successive. Con un’espressione
aperta e carica di aspettative, attesero di vedere la scena successiva. Totò
uscì fuori dall’acqua. Senza mezzi termini si diresse in fondo alla piazza,
verso le scale che sboccavano in un vicolo intonacato di rifiuti. Cominciò a
raccogliere quanti più sacchi di immondizia riusciva a tenere agganciati alle
dita. Ripartì a larghe falcate verso la fontana. Questa volta non si tuffò.
Immerse invece tutti i sacchi che aveva tra le dita, uno per uno. Quindi tornò
nel vicolo e ripeté l’operazione finché i cassonetti e il vicolo furono vuoti e
la vasca barocca piena. A questo punto, si diresse verso alcuni manifestanti -
lavoratori precari del Comune - che lanciavano slogan di protesta
nell’indifferenza generale. Individuò quello col megafono e glielo sfilò con
destrezza. Il precario restò basito, bocca spalancata e dita che brancolavano
nel nulla. Non ebbe il tempo di reagire che Totò si fiondò verso la fontana,
infilandosi nell’acqua e tenendo alto il megafono. Immerso fino alla vita, fra
i sacchi d’immondizia colorati e tutti gli odori del purgatorio, avvicinò il
megafono alla bocca. I turisti si emozionarono per la suspense dello
spettacolo.
“Balduccio Bellaria…, ci hai
scassato la minchia!” gridò a pieni polmoni Totò. E prese a ripeterlo per
dodici lunghi minuti, al termine dei quali si dedicò a un serrato lancio dei
sacchi verso il Palazzo. I turisti americani applaudivano entusiasti
dell’interpretazione. Nonostante non conoscessero la lingua, erano contenti di
cogliere l’unica parola da tempo approdata sulla scena linguistica
internazionale. Fra lo scrosciare degli applausi, Balduccio, giacca di shantung
di seta, pensò bene di apparire al balcone d’onore, ritenendo che quel clamore
di battimani fosse rivolto a lui. Appena l’usciere in livrea Gigi Lo Bello aprì
le imposte, il Sindaco si accasciò sotto i colpi di pesanti proiettili variopinti
inzuppati d’acqua. L’usciere in livrea per metterlo al riparo provò subito a
disseppellirlo e a trascinarlo verso l’aula consiliare. Fuori Totò sedeva
sfinito sul bordo della vasca barocca. I turisti giubilavano inneggiando nella
loro lingua al colore locale. Presero a lanciare monetine verso la fontana.
Totò cominciò a scansarle. Intanto i tre precari si tuffarono per arraffare i
centesimi. Totò restò spiazzato ma, quando gli americani passarono alle monete
da uno e due euro, non ebbe esitazioni: con slanci degni di un acrobata, cominciò
ad afferrarne quante più poteva. L’euro, si sa, è moneta pesante. Si riempì di
ecchimosi. Ma nulla avrebbe potuto distoglierlo dalla foga della raccolta e
dalla competizione con la concorrenza. Dopo una dura resistenza, quando il
lancio di euro cessò, Totò controllò il volume delle pluritasche della sua tuta
da metalmeccanico, che neppure la cassa integrazione aveva potuto strappargli
di dosso. Si sedette a contare: 153 euro!
Quando vide ballonzolare nella sua direzione i tre precari bagnati fradici con
sguardo da volpe, chiuse in un lampo tutte le cerniere, gonfiò i muscoli e gli
piantò addosso uno sguardo da toro scatenato. Intanto, dal portone del Palazzo
Civico accorse in drappello la polizia municipale alla ricerca dei criminali
che avevano attentato al pregiato monopetto di Balduccio. Certi del fatto loro,
puntarono dritti sui tre precari a bagno. Totò, lesto d’ingegno e di movimenti,
schizzò via imboccando una viuzza laterale. Da lì marciò verso casa lungo Discesa della vittorietta.
Liliana Pettinato