Perché le cose vengono a morire così che tu non te ne accorga neanche, un giorno alzi lo sguardo e vedi che il colore è sbiadito là dove era lucido c’è una crepa e se scavi, appena un po’ con il dito, viene giù la parete.
Mio padre aveva occhi da rapina, bucavano la
pelle ed io non capivo più niente, mi arrendevo. Appiattita alla parete,
aderivo con tutte le vertebre al muro e il freddo contava ogni anello. La mia
volontà bruciava. Dodici anni come il tempo d’invecchiamento di un buon whisky.
Non ne capisco granché in verità, io bevo, bevo e basta. Poi vomito.
Non è che mi dicesse qualcosa, non era tipo
da lunghi discorsi, e non mi toccava neppure, mi frugava solo dentro con lo
sguardo e raschiava fino in fondo. Sto tornando, diceva e spariva per giorni,
almeno tre. Io approfittavo di questa libertà. Bevevo.
All’inizio è la curiosità, sì è quella che ti
fotte, la sicurezza di vincere perché il mondo è come una puttana si offre a
te, in realtà è il diavolo. La fregatura è arriva veloce e senza ritorno. Più
bevi più non ne puoi fare a meno, dopo disperatamente, non vuoi.
Mi ero scolata una dopo l’altra tutte le
bottigliette mignon, quelle da collezione coi sigilli di carta e con i tappi
metallici, mica roba scarsa. I souvenir delle sparizioni paterne, stavano come
simulacri del divino nella vetrinetta delle cose buone, quelle che non si
toccano, perché si possono rovinare. Ero bravissima a rimettere i sigilli in
linea che combaciavano come le mie bugie, e non se ne accorse mai che dentro
c’era solo acqua sporca e non si avvide mai del marcio che divora il sano
perché questi corrode da dentro.
La prima volta sentii un incendio in gola e
quando il liquido scese giù per l’esofago, avvampò anche quello. Che
forza! Piccole profanazioni le definii
sin da subito. Solo mie. Era l’unico modo per fargli del male. Prendevo uno dei
libri che lui nascondeva nello sgabuzzino e leggevo, bevevo e leggevo. Ben
presto aumentò la sete di entrambe le cose. I libri c’erano, l’alcool dovevo
procurarmelo. Avevo bisogno di denaro e cominciai a far la cresta sulla spesa,
piccole cose finché un giorno ebbi denaro a sufficienza per una bottiglia vera.
Comprai un whisky in offerta, aveva l’etichetta storta, storta come me. Tuo padre
beve eh? Mi disse malevolo il bottegaio, neanche così se la scorda a quella.
Quella era mia madre. Infilai la bottiglia bene in fondo al sacchetto sotto
l’altra roba e tornai a casa. Lei invece non tornava.
Bere non annulla la memoria, anzi tutto affiora
e galleggia in superficie. L’unica che cominciava ad annaspare ero io.
Stavo da schifo, il cibo si avariava nello
stomaco e vomitavo. Dimagrivo a vista d’occhio, il prof d’italiano un giorno mi
disse che voleva parlare ai miei genitori. Io adoravo quell’uomo ma sarei morta
di vergogna se solo avesse sospettato la verità. Io sarei morta, ma questo non
riuscivo a capirlo, non rientrava nei piani. Dodici anni per un whisky possono
bastare. Si prof, glielo dirò è che sono impegnati, lavorano. Mi ritrovai a
parlare con Johnnie e il suo cappello di traverso, il suo sigaro arrogante.
Johnnie non faceva domande mi scendeva dentro senza guardarmi.
Sei strana ragazzina mi disse mio padre un
mattino che non riusciva a svegliarmi, datti pace tanto non torna. Quel giorno
rimasi con Johnnie, meno cibo più calore, sul divano in pigiama i capelli
scarmigliati, l’espressione demente. La casa vuota, il telefono squillava,
qualcuno cercava la ragazzina. Maledetta suoneria. Lui era rimasto via per due
giorni e quando tornò, dicono che abbia urlato come un maiale mentre lo
scannano. Quella era la mia camera della morte, io però non avevo gridato, nessuno
si era accorto di nulla. Ero in una pozza di vomito, abbracciata stretta
stretta a Johnnie, l’unico che non se ne fosse andato da quella casa, stregata
dalla sua aria furba disincantata, lui che viveva nella sua etichetta e non mi
odiava, non mi amava nemmeno se per questo, non mi aveva chiesto perché
masticassi sempre gomme e le mie dita sembrassero la fronte di un cristo in
croce, perché barcollassi e non m’interessassi più di nulla, non mi parlò
neppure di mia madre, quella tipa che un giorno senza neanche un saluto era
sparita attraverso la porta, mio padre, lui tornava sempre. La striding girl invece
aveva cambiato quota.
Adele Musso