È un
periodare asciutto di punteggiatura il
tubo dei pensieri in questa notte di
scirocco, può essere imprudente anche il
sudore, assale, sale e acqua, alla radice della nuca e sopra il labbro, lo tiro
via col dorso della mano, mando giù la mucillagine che affiora in gola, una
risacca che si ribella alla luna mi tiene a bada i polsi e gli occhi bassi.
Devo
pensare, devo restare sveglia, devo rimanere lucida.
Le chiavi in
tasca, sempre, ma quello ormai da tempo. Le chiavi di casa, quelle della
macchina, nella tasca dell’impermeabile. Cento euro nascosti dentro l’orlo, l’impermeabile deve stare
appeso sopra tutti gli altri. Il cellulare dov’è, io non indosso mai un pantalone senza tasche, il cellulare è
in tasca. Ho buttato via da tempo pantofole e ciabatte, le scarpe ai piedi
sempre, quasi persino per dormire, per fingere di dormire, questa notte,
vestita sotto le lenzuola a pregare un santo qualsiasi che non sia vero che
tutti i giuramenti vanno in cielo.
E loro che
mi dormono vicino, miodiosignore che innocenza amniotica vena le palpebre
socchiuse, loro da adesso sono solo miei e tu dammi braccia di quercia e gambe
di gazzella, e fiato almeno fino a che non sia domani, fino a che sia fuori di
qui l’alba che apre a un altro sole, e fiato ancora per raccontare loro
un’altra storia, che è solo un brutto sogno quella voce che sibila puttana, se
parli ancora di andartene ti giuro che t’ammazzo, ti scanno troia insieme ai
nostri figli, e poi il sorriso stanco di quel carabiniere, signora torni dentro e resti calma, che litigate in famiglia se ne
fanno, perdoni a suo marito, faccia pace, ecchessarà, è il padre dei suoi figli,
vedrà domani sarà tutto passato.
Patrizia Sardisco