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mercoledì 18 novembre 2015

Tom

E poi c’era l’America, e bisognava tornare perché la mamma adesso doveva tingersi i capelli e non c’era tempo da perdere, c’erano i pomodori avidi d’acqua che non finivi di dissetarli che già fingevano d’appassire.
Mi raccomando Piero, quando sono giù, voglio pomodori veri, rossi non gonfiati dalla vita di serra.

E’ stato bello Lì?
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Si, almeno trecento persone e quante teste si sono voltate a guardare, ed erano belle teste sai, di quelle che pensano e amano. Abbiamo presentato un libro che parla dell’assenza e della giustizia.

E poi c’era la poesia, la ricerca, i colori e le presenze, che cinque giorni erano divenuti cinque anni e il telaio di una porta bisognava allargarlo perché ci sono cose che necessitano di spazio per parlare alla gente. Le tele piccole non piacciono.

E ricordati che porto con me anche il mio classificatore. Ordine, ordine.
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Si ridipinge, si allarga, si dà una rinfrescata che le stanze vuote mettono tristezza e il silenzio non fa bene a nessuno. Dio, Eliot, Whitman, Dylan Thomas, (che poi si offendono), ma del mosaico, decido io, dove stanno le tessere.
Ma che ordine? Un mostro di metallo americano che ci vuole la ditta dei traslochi e che se fosse stato di questi tempi, col cavolo che l’avresti portato qui.
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Ci vogliono denti forti per tenere saldo un girasole, lui vuole voltarsi verso il sole (cos’altro potrebbe fare un fiore con un nome come questo?). Mettersi tre corone sulla testa, e lasciare uno spazio tra i pensieri, come se niente potesse dominare niente sul serio, lasciare spazio per essere Re.
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Come fare a vivere a metà tra un paese e un altro, lasciare che sia un fiore a ridere per te? Perché in fin dei conti può essere qualsiasi luogo, basta che ci sia grano da mietere e sole da costringerti a tirar fuori la camicia, dove possano crescere, comunque, i pomodori.
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Sì, Li, ma non hanno lo stesso sapore. A proposito controlla tu che non li faccia seccare. Tre sono meglio di uno, uno è meglio di niente. L’estate è una cosa seria, anche in questo paese scassato.
Quante estati avremo ancora, quante in cui avremo la forza di litigare e ridere, impestare il vicinato con gli odori di una grigliata? Dici che stiamo invecchiando, non mi diventare malinconica che non ti si addice.
E poi c’era la corsa all’aeroporto.
Quattro ore e acqua in bocca che se scoprono che sono arrivato e non ho detto niente succede un casino.
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E andammo a vedere il mare e a pranzare che ancora i gamberetti ci saltavano dinanzi gli occhi quando era risalito sull’aereo.
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L’appartamento sa di trementina, i pennelli scalfiscono le tele che solo tu li usi da tutte e due le parti, un piede qua e uno dall’altra parte, il classificatore di metallo è al suo posto, e chi lo schioda, chi lo solleva? Ma tu senza non potevi lavorare. Le parole stavano lì come soldatini in attesa di essere prelevati, in consegna.
E spingi sulla tela che ogni pennellata è un progetto, un labirinto tra le pieghe del tuo cervello di cui tu soltanto conosci la via d’uscita.
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E poi si torna per amore, un amore che forse aveva i capelli rossi, ma di cui sconosciamo il nome, che l’amicizia è tutto, ma non proprio tutto. Perché tu uomo vitruviano hai consegnato alla tela il tuo dolore, le sue labbra e la conchiglia, la perla non la possedevi già più.
L’amicizia è un amico che tu lo hai messo qui, come un regalo. E’ una rete fitta che cattura anni e camicie a fiori. Sono feste che non si dimenticano.
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Sei ancora lì?
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E poi non si torna, e poco importa che non hai terminato il libro che ti aveva consigliato l’amico prof, che hai una mostra da organizzare e che tuo nipote non si è ancora sposato. Non gliene fotterà niente a nessuno.
Ora va in moto e di un triciclo non sa che farsene. Io sto dove sono sempre stata tra i miei libri.
Sento la puzza di trementina e vedo le dita macchiate di vernice, le tracce dei poeti, il vociare sulla terrazza, i discorsi seri che l’epoca e le nostre facce richiedevano.
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E poi non si torna più perché anche il cuore scoppia e non te lo dice che si è stancato. Anche se c’è ancora tanto da fare e quel progetto è rimasto intrappolato nel labirinto, una traduzione in un cassetto e noi siamo da questa parte e tu hai un biglietto prenotato sul web.
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Ciao Li, …barra spaziatrice.

Adele Musso 

Il dipinto è di Tom Di Salvo, pittore bagherese scomparso nel 2011.