E poi c’era l’America, e bisognava tornare perché la mamma adesso doveva tingersi i capelli e non c’era tempo da perdere, c’erano i pomodori avidi d’acqua che non finivi di dissetarli che già fingevano d’appassire.
Mi raccomando Piero, quando sono giù, voglio pomodori veri, rossi non gonfiati dalla vita di serra.
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Si, almeno trecento persone e quante teste si
sono voltate a guardare, ed erano belle teste sai, di quelle che pensano e
amano. Abbiamo presentato un libro che parla dell’assenza e della giustizia.
E poi c’era la poesia, la ricerca, i colori e
le presenze, che cinque giorni erano divenuti cinque anni e il telaio di una
porta bisognava allargarlo perché ci sono cose che necessitano di spazio per
parlare alla gente. Le tele piccole non piacciono.
E ricordati che porto con me anche il mio
classificatore. Ordine, ordine.
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Si ridipinge, si allarga, si dà una
rinfrescata che le stanze vuote mettono tristezza e il silenzio non fa bene a
nessuno. Dio, Eliot, Whitman, Dylan Thomas, (che poi si offendono), ma del
mosaico, decido io, dove stanno le tessere.
Ma che ordine? Un mostro di metallo americano
che ci vuole la ditta dei traslochi e che se fosse stato di questi tempi, col
cavolo che l’avresti portato qui.
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Ci vogliono denti forti per tenere saldo un
girasole, lui vuole voltarsi verso il sole (cos’altro potrebbe fare un fiore
con un nome come questo?). Mettersi tre corone sulla testa, e lasciare uno
spazio tra i pensieri, come se niente potesse dominare niente sul serio,
lasciare spazio per essere Re.
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Come fare a vivere a metà tra un paese e un
altro, lasciare che sia un fiore a ridere per te? Perché in fin dei conti può
essere qualsiasi luogo, basta che ci sia grano da mietere e sole da costringerti a tirar fuori la
camicia, dove possano crescere, comunque, i pomodori.
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Sì, Li, ma non hanno lo stesso sapore. A
proposito controlla tu che non li faccia seccare. Tre sono meglio di uno, uno è
meglio di niente. L’estate è una cosa seria, anche in questo paese scassato.
Quante estati avremo ancora, quante in cui
avremo la forza di litigare e ridere, impestare il vicinato con gli odori di
una grigliata? Dici che stiamo invecchiando, non mi diventare malinconica che
non ti si addice.
E poi c’era la corsa all’aeroporto.
Quattro ore e acqua in bocca che se scoprono
che sono arrivato e non ho detto niente succede un casino.
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E andammo a vedere il mare e a pranzare che
ancora i gamberetti ci saltavano dinanzi gli occhi quando era risalito
sull’aereo.
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L’appartamento sa di trementina, i pennelli
scalfiscono le tele che solo tu li usi da tutte e due le parti, un piede qua e
uno dall’altra parte, il classificatore di metallo è al suo posto, e chi lo
schioda, chi lo solleva? Ma tu senza non potevi lavorare. Le parole stavano lì
come soldatini in attesa di essere prelevati, in consegna.
E spingi sulla tela che ogni pennellata è un
progetto, un labirinto tra le pieghe del tuo cervello di cui tu soltanto
conosci la via d’uscita.
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E poi si torna per amore, un amore che forse
aveva i capelli rossi, ma di cui sconosciamo il nome, che l’amicizia è tutto,
ma non proprio tutto. Perché tu uomo vitruviano hai consegnato alla tela il tuo
dolore, le sue labbra e la conchiglia, la perla non la possedevi già più.
L’amicizia è un amico che tu lo hai messo
qui, come un regalo. E’ una rete fitta che cattura anni e camicie a fiori. Sono
feste che non si dimenticano.
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Sei ancora lì?
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E poi non si torna, e poco importa che non
hai terminato il libro che ti aveva consigliato l’amico prof, che hai una
mostra da organizzare e che tuo nipote non si è ancora sposato. Non gliene
fotterà niente a nessuno.
Ora va in moto e di un triciclo non sa che
farsene. Io sto dove sono sempre stata tra i miei libri.
Sento la puzza di trementina e vedo le dita
macchiate di vernice, le tracce dei poeti, il vociare sulla terrazza, i
discorsi seri che l’epoca e le nostre facce richiedevano.
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E poi non si torna più perché anche il cuore
scoppia e non te lo dice che si è stancato. Anche se c’è ancora tanto da fare e
quel progetto è rimasto intrappolato nel labirinto, una traduzione in un
cassetto e noi siamo da questa parte e tu hai un biglietto prenotato sul web.
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Ciao Li, …barra spaziatrice.
Adele Musso
Il dipinto è di Tom Di Salvo, pittore bagherese scomparso nel 2011.