Che ideona regalare Alice nel
paese delle meraviglie alla nipotina. Lì per lì non avevo neanche riflettuto
sul fatto che la bambina avesse lo stesso nome della protagonista. Ero di happy
hour, avevo sfilato di tasca lo smartphone solo per appuntarmi il numero del
tizio appena rimorchiato con la solita collaudatissima tecnica del
“tiavevoscambiatoperilfratellodiBea”.
Ignorare otto chiamate è un conto,
visualizzare (per colpa del touch screen ipersensibile) ben 12 messaggi vocali
su whatsapp, un altro – maledette spunte blu. M’intrappolo da sola. Non potrò
certo perdermi l’immancabile cenone di natale, visto che “non ti fai vedere
mai, la bambina non sa neanche il colore di capelli della sua madrina”. 19,48.
Saluto il tipo con tutto lo charme che mi resta dopo questa mazzata che deve
avermi deformato la faccia per almeno dieci secondi – speriamo che il suo
sguardo non si sia alzato dalla mia scollatura proprio in quel momento – e
infilo la vetrina illuminata più a portata di piede dolorante dopo una giornata
sul tacco dodici. È una libreria. Per lo più affollatissima. Mi butto sul
classicopotenzialmenteadatto ad una cinquenne – è il più vicino alla cassa e mi
risparmio la coda di gente che intasa allegramente la bottega minuscola. Spirito
natalizio? Sembrano tutti fatti. Ignoro le lagne dei parenti assiepati sulla
soglia al mio ritardo cronico – le persone importanti si fanno aspettare – mi
sibila una delle cugine, Etta o Ella? Bah. Glisso sull’occhiataccia di mia
sorella per essermi presentata col pacchetto in mano e aver rischiato di
infrangere la farsa di babbo natale, improvviso un siparietto poco credibile
che mi vede ambasciatrice del vecchiaccio in rosso e consegno il regalo a mia
nipote, che si mangia la foglia, intuisco dai suoi occhietti saputi. Per
sopravvivere alla serata, mi aggrappo all’unica ancora che intravedo sulla
tavolata stracarica di grassi idrogenati: un cartone da 5 litri di novello –
dello zio Gero che si sente moderno ed ecocompatibile da quando ha abbandonato
i suoi amati fiaschi -. Il cenone a base di chiacchiere, pettegolezzi e
frecciatine si protrae per un tempo indefinito, il mio salvagente alcolico mi
consente di non affogarci, mentre le zie continuano a portare vassoi
stracarichi – tante ore in cucina, ma vedi che risultato? Un piacere per gli
occhi prima che per la gola (merito delle gemelle!); mangia, pure la dieta va
in vacanza ogni tanto; tanto ormai sei troppo vecchia per diventare modella –.
Inghiotto vino e bile. Ci siamo dimenticati gli antipasti, va beh, portali ché
è un peccato mortale lasciarli. Mi arriva in grembo una mestolata viscida e
fredda, le alici marinate in aceto (sempre di zio Gero) e pepe verde sguisciano
sul mio Armani – ma che caz… - perdonami, che imbranata! Un poco di borotalco, subito,
così si tira l’olio -. Sono furiosa. Sorrido, niente, non ti preoccupare Etta –
Ella! – Sì, non fa niente. Alice mi guarda. Lei è l’unica, oltre a me, a non
vomitare parole stasera. Gli altri ne hanno a sufficienza anche per lei, perché
sprecarsi? Guardo la bambina taciturna mentre sua madre espone al suo pubblico
i vantaggi dell’educazione montessoriana – no, con l’educatrice steineriana ho
chiuso, era troppo permissiva, in realtà non le insegnava niente. Questa scuola
è tutt’altra cosa, certo costa, però i bambini stanno impegnati tutto il
giorno, io la lascio alle 7,30 e me la vado a riprendere alle 16,30 già
mangiata e pronta per andare a fare karate, Alice è portata per le arti
marziali, sì, già è cintura gialla, penso che mi darà soddisfazioni. Poi una
volta a settimana va a fare pianoforte, perché la musica è importante, e a
breve comincerà nuoto: la deve superare la paura dell’acqua, io non capisco da
chi l’ha presa, a casa nostra nessuno di noi ha mai avuto di questi problemi.
Bevo e guardo Alice seduta a schiena dritta, mastica lenta. I suoi occhi
trapassano indifferenti lo spettacolo grottesco della tavolata. Le voci sono
attutite come da una massa d’acqua. I movimenti di questo branco rallentano.
L’albero di natale e i soprammobili di capodimonte cominciano a fluttuare per
la stanza insieme alla tovaglia ricamata, ai piatti e ai candelabri. I
commensali boccheggiano intorno al tavolo. Mi tocco il collo con mani
trasparenti. Il senso di soffocamento si attenua appena scopro le branchie. Alice pinneggia sorridendo nella mia
direzione, facciamo un girotondo felici e in un turbinio di bolle prendiamo il
largo. Zio Gero mi ha regalato una
cesta. Panettone, spumante e conserve. C’è anche un barattolino di alici.
Preferisco chiamarle acciughe. Le Alici non si fanno intrappolare.
Serena Giattina