respiro dell’universo, luce di
perla, perdona se le mie parole così limitate non rendono a pieno la rotondità
del tuo essere che grava e non passa
inosservato sulla pelle del mondo, se nessun vorticare di serpenti può
paragonarsi alla tua scivolosa chioma di moderna medusa, ma tant’è…
Nel giorno che tutti gli innamorati bramano e i delusi detestano e gli amanti clandestini negano, mi ritrovo ad anelare le aureole scure dei tuoi seni freschi di depilazione. Amore, che parola abusata per un essere nuovo e straordinario che ben altra menzione meriterebbe quale io in questo momento posso soltanto vagamente fingere nel pensiero. Troppe immagini deliziose e inusuali mi lusingano l’anima che solo desidera renderti giustizia.
Nel giorno che tutti gli innamorati bramano e i delusi detestano e gli amanti clandestini negano, mi ritrovo ad anelare le aureole scure dei tuoi seni freschi di depilazione. Amore, che parola abusata per un essere nuovo e straordinario che ben altra menzione meriterebbe quale io in questo momento posso soltanto vagamente fingere nel pensiero. Troppe immagini deliziose e inusuali mi lusingano l’anima che solo desidera renderti giustizia.
Ti amo, cara, certo, lo so, come
so che non potrei mai fare a meno di un piede e di un polmone.
E’ da tempo che i nostri amplessi
hanno abbandonato l’eterea consistenza di profondi sguardi per solidificarsi in
amorevoli intralci di braccia e gambe che talvolta mi schiantano a terra vicino
alle tue estremità di cariatide. Il nostro però non è solo sesso, ma scambiarsi
pelle, fibre, umori, tanti, legare gli occhi agli occhi, confondere capelli e
sogni, perdersi l’uno nell’altra. Entra in me, dico stringendoti, diventa me. E
tu lo fai, in me anzi sopra di me, trattenendomi tra le amorevoli tenaglie
delle tue cosce odorose Ricordi? E’ perdere la coscienza per ritrovarsi nella
profondità dell’essere. Io in te e soprattutto tu su di me. E sai perché piango?
Non solo per il dolore, ma per l’emozione che mi procurano il pericolo e
l’attesa di sentire su di me lo stesso ponderoso mistero di cui s’interroga il
suolo, ogni giorno, quando metti piede a terra. Come sono felice. Tanto che
potrei morirne sopraffatto. Per questo oggi, nel giorno che in qualche modo
anche a me appartiene, questo ti chiedo umilmente: se mi hai a cuore, se un po’ ti
sono caro, abbi la pietà di angelicare la tua presenza, di sublimare il nostro
fonderci nuovamente in sguardi e sospiri perché sozzi umori non sporchino la
delicata realtà del nostro Amore e mi permettano di godere a pieno della tua
luminosa presenza senza che bassi istinti nonché ponderose emozioni mi
sovrastino.
Umilmente tuo, e desideroso che
tu possa finalmente essere il più profumato dei petali della rosa regina del
mio cuore giardino.
Marisa Vinci