E’ certo che me lo ricordo, Cosimo Manza. Si vedevano qui di fronte la sera, lui, Mimmo
e tutti gli altri; si mettevano dietro la saracinesca dell’officina dove
lavoravano; erano giovani e chi li poteva tenere?
Facevano gli apprendisti, meglio della scuola, che all’industriale Mimmo ci era entrato e se ne era uscito subito; suo padre a cartellate in testa glielo aveva mandato a scuola, fintanto che la scuola era qui in paese, ma a Palermo, non ci poteva - a lui gli piaceva fare il meccanico. Io lo chiamavo Mimì. Lui e Cosimo erano inseparabili. Erano gli anni sessanta, avevano meno di diciotto anni, che allora c’era la leva, e andarono nell’esercito qualche anno dopo.
Restavano a chiacchierare fino a tardi e poi se ne
andavano nel quartiere Sant’Antonio, che
lì, nello scantinato, ci andavano a ballare; ci avevano fatto la discoteca, con
la rete dei marinai attaccata al soffitto e i muri foderati di cartone per
trattenere il rumore - che la gente del quartiere si lamentava. Noi ragazze, - che tutte quelle del quartiere
ci avevano messo gli occhi addosso a quei due - ci andavamo pure, ma sempre di nascosto dai nostri genitori; loro
ci portavano pure le sorelle, ma prima che diventasse uno schifio ( che poi non
ce le portarono più).
Cosimo e Mimmo lavoravano nell’officina, con la
scusa che li provavano, erano sempre sui motori; i Gilera 150 e pure 175 li facevano rombare e
noi ragazze uscivamo pazze! Che ci saremmo andate pure noi (e qualcuna l’ha
pure fatto), ma troppi guai ne uscivano.
Cosimo era biondo, un bel ragazzo, ma io ….a
me piaceva Mimmo, che era scuro di occhi e di capelli e portava il ciuffo - facevano una bella figura, lui e
Cosimo
Mimmo una volta prese il motore e se ne andò allo Stratone
per provarlo, ma i freni non erano ancora buoni e lui finì spiccicato come una
patella dietro un camion, che gli finì buona: si ruppe solo il naso - mi ricordo che suo padre venne all’officina a
prendersela con il padrone.
Erano tutti meccanici perché amavano i motori; poi,
molti di loro cambiarono mestiere. Qualcuno però aprì la sua officina, c’erano
i Cavallaro, mi pare si chiamassero così, ma i nomi non me li ricordo – belli come il sole, belli e bruciati, come
nel film che l’attore muore; nel
fuoco ci si buttavano apposta! Io però
ero innamorata di Mimì, te lo devo dire - che potevamo finire bene tutt’edue;
invece, io ho sposato un buona nulla, e lui…il padre lo ha spedito in America,
quando aveva ventidue anni, in Venezuela, che lì ci aveva i parenti sua madre –
qui Cosimo e Mimì avevano preso una
brutta strada. Una volta che ci siamo visti, Mimì mi disse che partiva, che il padre gli aveva trovato la pistola, un
revolver con tutti i proiettili, che con
Cosimo andavano a sparare in campagna.
Cosimo, invece, continuò a fare carriera…e lo sai,
come è finita poi, che se lo tirarono dentro e non si vide più.
Rosa La Camera