Due
calamite nello stesso campo di attrazione. Io di qua dal vetro, lui dall’altra
parte, sul marciapiedi.
Portava
il casco sottobraccio, un giubbotto nero da motociclista. Capelli lunghi e
spettinati.
Da
questo e dal suo sguardo indomito ho capito che, insieme, saremmo stati
assolutamente bene.
Ognuno
ha la sua natura, ero fatta per una vita intensa, viaggi, scoperte... tutto in
preventivo.
Se
cercava una compagna per vivere grandi passioni beh, poteva anche smettere di
rovistare tra gli scaffali del mondo, ero lì, mi aveva trovata.
Uscimmo
insieme dal negozio dove, per la verità, non mi ero trattenuta molto.
Eravamo
a inizio di stagione.
Una
stagione che prometteva pioggia e brutte grandinate.
L’inverno,
spesso, rincara la dose e nessuno potrà mai farci niente.
Finii
in sella, dietro la sua schiena e non vedevo l’ora di insediarmi nella sua
stanza dove progettare, sullo stesso letto, il giorno di domani e quelli dopo
ancora.
Complice
l’asfalto assestato male, continuavo a bussargli sulle spalle, ci scambiavamo
così piccoli tocchi di presenza.
La
passeggiata mi sembrava non finire mai, pensai avessimo già intrapreso un lungo
viaggio, che non mi stesse portando a casa, e allora cominciai anche a fremere,
eccitatissima. Ero curiosa di vedere lo scenario scelto, magari ci saremmo
fermati sul bordo di uno strapiombo, da lì avremmo misurato la distanza
raggiungibile con uno sguardo solo.
Insieme,
sebbene a incastro tra due date – visto che il per sempre non esiste – avremmo
vissuto intensamente ogni giornata della nostra vita.
Andavamo
con il vento in faccia incontro a quello sconosciuto che è il domani.
Ma
non si arrivava mai e a un certo punto mi sentii come abbracciata dal nero di un’eclissi,
il perché non saprei spiegarmelo.
Non
riuscivo a capire se stessimo scendendo in un antro o stessimo risalendo un
pozzo.
Il
tempo che trascorse fu incalcolabile, mi pareva stessi ormai invecchiando.
Avevo
quasi perso ogni speranza.
Quando
lo rividi non lo riconobbi.
Non
aveva più lo sguardo indomito, né il casco sottobraccio. I capelli rasati a
zero.
La
sua stanza puzzava quanto un ospedale.
Ci
colse lo smarrimento.
Eravamo
ancora noi?
Ci
osservavamo muti, dolenti.
Ma...
di nuovo quell'attrazione, quell'ineffabile cortocircuito che si innesca senza
spiegazioni.
Solo
nei suoi occhi, ancora, un tormento di domande.
A
me venne facile mettere in piedi un itinerario nuovo, e non prevedeva solo
quella stanza.
Sapeva
bene che non ero tipo da rimanere in casa a piangere con lui.
Dunque:
o lui con me oppure sarebbe stato meglio cedermi a qualcun altro.
Lo
incoraggiai.
Fin
dal primo momento avevo scelto lui.
Lui
aveva scelto me.
Glielo
promisi, gli avrei insegnato di nuovo a camminare.
Adelaide
J. Pellitteri