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venerdì 28 ottobre 2016

Una cosa positiva - da La moglie di Pirandello

Tra i cocci di tanti piatti rotti lei troneggiava.
Stava seduta e guardava nel vuoto. 
“Li ho rotti tutti, di quei piatti che tanto ti piacevano non ne è rimasto nemmeno uno.”
Sembrava frastornata, gli occhi persi, la voce priva di timbro.

Rimase immobile, avrei potuto immaginarla in quella posa su di una panchina alla fermata dell’autobus, spina dorsale dritta, seduta in punta per diminuire il contatto con le barre di ferro.
La guardavo e mi chiedevo cosa sarebbe potuto succedere a quel punto della giornata. Non era soddisfatta, ne ero certo, era stanca, questo era evidente.
“Luigi, tu sei uno scrittore, tu hai la battuta giusta per i tuoi personaggi, tu sai tirare fuori emozioni profonde e renderle con parole incisive, Luigi, io sono il tuo personaggio. Ho appena rotto tutti i piatti, e ti chiedo di dirmi una cosa positiva. Tra di noi corre un amore grande, che va oltre gli oggetti che scaravento, che va oltre gli insulti. Prendilo come un compito. Una cosa positiva.”
Era stanca ma non sedata, e questa richiesta mi veniva nuova, e tuttavia la premessa era stimolante, forse una nuova perversione che però affondava nella scrittura, nella sua efficacia, un gioco nuovo per Giovanna ormai Antonietta, per me ormai Luigi. Non ebbi dubbi.
“Ti voglio bene” – dissi, perché mi sembrava in linea con la situazione, con lo sfacelo, anche una frase slittata davanti a quella Beirut di cocci, la frase che non ti aspetti. 
Non mutò espressione. Con la stessa voce di prima, mi disse che ero un coglione.
“Sei un coglione, Luigi, non sarai mai uno scrittore. Sei un coglione insulso, nota bene, e non un insulso coglione.”
Per buona norma di comportamento da applicare in queste circostanze, sapevo che non dovevo reagire.
Però le volli chiedere, le chiesi cosa avrebbe detto lei, cosa poteva essere “una cosa positiva”.
“1 + 1.”
Così disse.
Raggelai.


Giorgio D'Amato