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martedì 10 novembre 2015

Disdire

Lo so che è lei, dal primo squillo lo so che è lei, squilla da un altro mondo senza saliva quando chiama mia madre,  mi tiro su dal divano e penso che so che è lei e che è assurdo che mi prenda il panico, però è così e non so che dirle, non so più che dirle da quando mio padre se ne è andato in quel modo un pomeriggio di gennaio di una sfarinata di secoli fa,
e infatti nemmeno oggi so cosa dirle, oggi che potrei dirle semplicemente buon natale Catia, anzi forse oggi è persino peggio, è peggio perché so che oggi avrei dovuto telefonarle io, avrei potuto telefonare io, chiamare per dire anche soltanto ciao Catia, ciao mà, oggi è natale mà e io non vengo, no mà non ce la faccio a passare,  e allora niente, buon natale, e poi cose del tipo cosa mangi oggi, la fai una tombola con tutti gli altri vecchi, mia sorella è venuta a trovarti con i bambini, c’era anche quel cazzone di suo marito, o altre cose così, cose da figlio. Il fatto è che io non mi ricordo che è natale, cioè sì, mi ricordo che è natale ma non ho nessuna voglia di accorgermi che me lo ricordo che è natale, e nessuna voglia di accorgermi che non ho voglia di parlare con mia madre. Però la tiro su la cornetta e l’appoggio precaria e fredda tra la faccia e la spalla, con le mani mi tiro su i pantaloni e non dico niente, tiro su col naso e non dico niente, aspetto in un angolo buio in uno dei lunghi corridoi vuoti che ho dentro la testa, aspetto che la voce di mia madre cada come sempre come un capotto fradicio di neve. Perché  lei si svuota sempre così della sua voce, sempre così mia madre, gelata e fradicia, gravida come la madre di tutti i sensi di colpa. L’ha sempre mollata così, la sua voce, dove capita, come un pestaggio al buio.
 Se non smette di nevicare in questo modo credo che morirò, dice mia madre, lei non dice mai pronto, lei non si annuncia, mia madre è un fiotto d’acqua fredda che aspetta l’apertura della valvola, dice credo che morirò, mia madre, mi stendo con un flacone di pillole e buonanotte, ma poi aggiunge buon natale, mia madre, e il tono è uguale, dice buon natale con lo stesso tono che usa quando deve dirmi che le fa sempre male una gamba, lo stesso di quando dice che perde di nuovo il cesso in quel cesso di posto dove è costretta a stare, lo stesso con cui sta dicendomi che lo sapeva che non andavo a trovarla neanche oggi e almeno oggi una telefonata sì, almeno oggi, è vero?, gliela potevo fare. 

Patrizia Sardisco