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venerdì 4 dicembre 2015

Cinico Natale: Il cascione del nonno

Zio Pietro, con il cascione del nonno morto in mezzo alla stanza da pranzo come dobbiamo manciare stasera? Ca’ mignazza il nonno se la conservò per la vigilia di Natali per muoriri, che non ci venne la pensata che ci avesse rotto i melloni d’inverno con questa moruta fuori tempo, vuol dire, u picciriddu nasci e iddu si prenota u campusanto. Le cose sono due: o per la vigilia ci manciamo un panino, oppure ci mettiamo un tavolone sopra il cascione del nonno e cunzamo, ca macari macari u nonno sente il ciavuru ra pasta cu bruaru di teste di capretto e attisa, resuscita.

Ancilina non era d’accordo, c’è troppo caldo e già ‘u nannò comincia a fetere, ha la pancia gonfia, che questi furono tutti i medicinali che si prese ultimamente - e intanto si arraspava il parpagghio. Insomma, Ancilina non era tanto d’accordo, e per convincere a tutti ci passò a dire di come le cascie da morto poi scoppiano. Cose di queste che si stavano vomitando tutti come i cani che ci resta l’osso affucatu in gola.
Che dobbiamo fare? – alzò la voce lo zio Pietro – non è che possiamo pigghiare il cascione e lo mettiamo in mezzo la strada, la soluzione si ci deve trovare, ca Natale è Natale e noi, fortunatissimamente, siamo vivi e pure presi di pititto che lo stomaco pare orchestra del teatro massimo.

(La cena ci fu, il cascione del nonno morto fu messo sotto l’albero di Natale, che le luci intermittenti ci illuminavano la faccia un poco di blu un poco di rosso che il nonno pareva nella discoteca. ‘U bruaru di teste di capretto venne bello bello, a tutti gli passò a sucare dal piatto; pure il nonno morto ebbe la sua razione, che ci calarono un cuppino di bruaru nella bocca che ci era rimasta aperta, che ad Ancilina ci venne  questo pensiero, al nonno ‘u bruaru ci piaceva assai.)

Giorgio D'Amato