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giovedì 30 giugno 2016

Il mio canto per l'Africa


"Io conosco il canto dell'Africa della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso degli aratri nei campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè. Ma l'Africa conosce il mio canto? L'aria nella pianura fremerà un colore che io ho avuto su di me?E i bambini inventeranno un gioco in cui ci sia il mio nome?... e le aquile sulle colline Ncong guarderanno se ci sono?"
Karen Blixen



Le zanzare non mi danno tregua, anche le piogge hanno rovinato il raccolto e non potrò vaccinare i bambini che verranno. Sul fiume ho visto nutriti stormi di fenicotteri rasentare il colore fucsia omogeneo prima delle piogge. Non saranno dispersi o morti anch'essi?
Il fuoco che alimenta il tepore della mia stanza la notte si affievolisce come i miei pensieri, se arrivano al lumicino anch'io mi spegnerò e con me tutta la gente che mi circonda. Un grande Sole oggi mi ha salutata, ma il raccolto è andato. Mi guarda Kamante e mi guarda anche Resai, cucina per me una tazza di buon the, io lo correggerò con il whisky perché mi rende lucida quando soccombo.                                                                                                   Mi guarda e nei suoi occhi non c'è preoccupazione, non per me, insomma. Domani ricucinerà quel che avremo. Dopodomani andrò a vendere un po' di libri e queste vecchie tazze. Per un buon libro qui si riesce sempre a sperare che sia buono come il suo principio. Spero solo che resti ancora qualche occidentale che ne senta il bisogno. Poi troverò ancora come andare avanti. I leoni restano di vedetta sulle alture a controllare la pianura e le prede. Devo imparare da loro. Aspetterò qualche idea migliore. Finché non avrò notizie di Brorn o di Dennys Hatton. Non so quale dei due sia il migliore. Di sicuro è una canaglia anche Dennys, riesce a essere gradevole perché mi ricolma delle sue attenzioni. Forse un marito non può, le gazzelle sono la sua passione preferita, soprattutto se indossano gonnelle su lunghe gambe. Dennys riesce a farmelo dimenticare. Accenderemo i fuochi e aspetteremo l'alba sull'altura, contornati dalle colline. Hanno il colore verde contornato d'azzurro.

Clotilde Alizzi

mercoledì 29 giugno 2016

Da Trieste in giù

Come è bello far l’amore da Trieste in giù. 
Stasera ho esagerato nel dare la botta di collo. Io faccio la cretina e loro si divertono. Parrucconi e zeppe. La metà di questi ci butterebbe addosso una tanica di benzina, viene a vederci per ridere, gli scimpanzé in gabbia sono accettabili. Per truccarsi ci vogliono due ore. Le arcate sopraccigliari vanno oltre l’attaccatura dei capelli. Se vuoi avere successo devi essere spudorata. 
Stasera c’era pure lui. 

martedì 28 giugno 2016

L'hanno licenziato


E alla fine l’hanno licenziato. Era partito tutto da uno scambio di battute alla mensa. Mentre le servivo la pasta coi broccoli, quel giorno, la dottoressa Paola - mi pare che lavora in Utir - e il suo collega - quel cane rognosissimo del pronto soccorso - parlavano a voce alta. Lei diceva di Angelo - l’infermiere quello simpatico che scherza sempre, quando gli chiedo che frutta vuole: la banana, Mariuccia! Dice che lo aveva trovato che guardava biancheria intima al pc del reparto - mutande col pizzo, ma no da donna. Al dottore invece Franco Busacca - il palestrato che fa il buttafuori al pronto soccorso - aveva raccontato di una brutta esperienza con Angelo, che gli aveva sfiorato la mano, mentre rifacevano una barella, e pure lo guardava, nel mentre. Segnali inequivocabili. Insomma Franco dice che gli ha detto “stai attento a quello che fai, curò” e se n’è andato al sicuro nella stanza dell’accettazione.

lunedì 27 giugno 2016

Dottoressa, mio figlio


Devo dirti una cosa
Ti ascolto
È una cosa importante
Sbrigati
Dai, hai capito tutto

Mi martellava nella testa come un chiodo quella frase detta al telefono da mio figlio al suo amico Stefano – Devo dirti una cosa! – Devo dirti una cosa, devo dirti una cosa! E poi ha messo giù ed è uscito di corsa sbattendo la porta. Mi é sembrato agitato, sono preoccupata, ultimamente lo vedo strano, cambiato, parla e mangia poco, sembra distratto con la testa altrove, si alza tardi e passa dal letto al divano sempre con quel telefonino in mano - ma con chi parla così di continuo senza neanche una pausa? - Ho paura che mi nasconda qualcosa e che si sia cacciato in qualche guaio. Certe volte neanche rincasa, mi chiama e mi dice che dorme da tizio o caio - non sempre sono nomi che conosco - devo parlare con lui, chiaramente, non mi piace questa situazione, mi mette angoscia. 

giovedì 23 giugno 2016

Juju

Succede di nuovo, apro gli occhi e non ricordo dove sono, mi cerco la pancia, è vuota: mi sale addosso il ghiaccio.
Penso alle donne che fanno juju, loro diventano uccelli e si infilano dalle finestre per prendere i bambini. Un attimo ed è tutto okay, riconosco l'odore di umido e cibo della stanza, allungo la mano tra le lenzuola e Precious è accanto a me calda, Mobo dice che le birds-women non possono arrivare qui, dall'altra parte del mare.

mercoledì 22 giugno 2016

Ni ficiru i scarpi: L'estorto, 'u squagghiatu

'U SQUAGGHIATU 

A mmia mi ficiru i scarpi n'tall'acitu 
Mi rissiru vieni, iamu n‟to zuNardu a „u fierru 
E io ci ivi. 
Mi ficiru assittari e mi rissiru Tu hai campatu assai. 
Mi misiru a cuorda 'nto cuoddu 
E m‟affucaru. 
Mi livaru i scarpi e puru i ruobbi 
Mi calaru n'tall'acitu e mi ficiru squagghiari 
A tutti na fini ci vuagghiu augurare 
Io era menzu latru e menzu truffaiddu
M‟avissiru arristato e mi nn'avissi fattu cinq'anni.
Mi capitaru iddi e finivi scannatu squagghiatu 
Mi ficiru i scarpi a trarimentu 
I me parienti pi mmia un sannu unni addumari lumina. 
Purtatili au fierru,
'nta zuNardu, 
ddà mi ficiru i scarpi.

L'ESTORTO 

Mi ficiru i scarpi n'anticchia a vuata 
N’anticchia a vuata ci ficimu i scarpi
Avia na putia ca vuscava pi mmia e pa me famigghia
Avia na putia ca vuscava rinari 
Mi rissiru mettiti in regola ca ci su i carcerati 
Purtamo rispiettu pi carcerati 
N'anticchia a vuata mi ficiru i scarpi 
N'anticchia st'jurnata 
N'anticchia rumani 
E puru doppu rumani
Sulu n’anticchia, n’anticchia a vuata.
N'anticchia siempri. 
Sino a che i debbiti m'affucaru.
Mi ficiru i scarpi chi appi a chiuiri a putia. 
Na bella putia prima ca chiuissi. 
Bellu paisi r'unni ti fannu i scarpi. 
Ca io pi vriuogna m'appi ammazzari.
Si iu ammazzari ca forsi i scarpi ci rinniru stritti. 
Mi ficiru i scarpi ma n‟to casciuni avia scarpi sfunnati.

Giorgio D'Amato

martedì 21 giugno 2016

Epicuro mi vuole bene - Scrivere New York


In fondo se siamo emozioni o un agglomerato di atomi cosa importa? Schiantiamoci, come particelle minuscole che creano dal casuale caos un ordine deciso. Epicuro mi vuole bene mentre decido di stendermi a terra, con l'ultima sigaretta che mi rimane.

lunedì 20 giugno 2016

Arti e mestieri: Il Tritatutto

Le polpette, il cibo di recupero per eccellenza, puoi metterci di tutto dentro le polpette, se sei un cuoco imbroglione o semplicemente burlone, puoi metterci palline di carta di giornale bagnata, pale di fichidindia sminuzzate, grumi di polistirolo espanso, plastilina, fieno.
Perché le polpette? perché ho in frigo un mezzochilo di macinato di manzo che si deve utilizzare al più presto, prima che perda il colore brillante e la fragranza della carne fresca.

venerdì 17 giugno 2016

Bendicò e il soldato - Il Gattopardo raccontato dalle cameriere

Fate uscire subito questo cane dalla cucina, Bendicò esci, che mi sto schifiando - gli ha dato una slinguazzata al biancomangiare della principessa Concetta, la signorina già che è di malopititto, lei non mangia, assaggia, non c’è pietanza che le garba, finulicchia e capricciosa come sua madre, ci manca solo che lei si mette in bocca il biancomangiare e ci trova sapore strano, o qualche pelo, siamo consumate, ce lo fa buttare paro paro, questo cane, ma lo dice pure il Principe, è ladro e sdisonorato,

giovedì 16 giugno 2016

Il Gattopardo raccontato dalle cameriere: Mariannina

"Domenico, fai attaccare i bai al coupè, scendo a Palermo subito dopo cena. Padre Pirrone, venga con me, saremo di ritorno per le 11, al più "

Eccolo che si prepara a scendere a Palermo. Io lo so, dove va il Principe, perché mia comare Santa sta a Vicolo Porto Salvo, proprio la porta accanto di una certa Mariannina, che pare che da qualche mese sia lei il passatempo del Principe a Palermo.

mercoledì 15 giugno 2016

La Parrinara - Il gattopardo raccontato dalle cameriere

La chiamavano Rosa a “parrinara”, ma queste cose la Principessa Carolina non le poteva sapere; lei si fidava che quella  stava sempre in chiesa e in sacrestia.

martedì 14 giugno 2016

La mademoiselle Dombreuil - Il Gattopardo raccontato dalle cameriere

Quando arrivarono con le carrozze a Donnafugata, la più sudata era lei, mademoiselle Dombreuil, la francese che si occupa delle figlie del principe - si lamentava in continuazione, diceva parole che non si capivano...
Poveretta, neanche aveva messo piede a terra che cadde lunga lunga,”i sali, portate i sali”, quelli che usa la principessa quando le vengono i suoi ”virticchi”.

lunedì 13 giugno 2016

Falsi famosi: Il Riso Soffiato

L’oriente del mondo ha costruito sul riso la sua civiltà, ne ha ricavato ogni tipo di cibo, bevanda, oggetti d’uso comune e non comune, carta, vino, polpette.
Il riso noi in Italia lo conosciamo soprattutto nella sua forma di risotto alla milanese, di sartù e di arancini, viene coltivato nella pianura Padana, tra Vercelli e Novara e Pavia, con grande dispendio di energia umana, di acqua e di zafferano.

Alcuni studiosi del riso ritengono di fissare il luogo d’origine di questo cereale idrofilo nelle terrazze paludose delle colline intorno al fiume Jang-tse. Altri sono convinti che un luogo d’origine non sia sempre così scontato. Ci sono esempi di attori di cinema nati in un paese, che hanno raggiunto la fama in un altro paese e tutti per questo motivo pensano che siano originari del secondo paese, quello della fama, e anche molti anni dopo la loro morte continuano a pensare la stessa cosa. Questo tipo di deformazione geo-cinematografica è più diffusa di quello che si pensi, ma non è il tema di questo pezzo.

giovedì 9 giugno 2016

Taninu 'u cuntaturi


Taninu 'u cuntaturi aveva un debito nei riguardi di Asdrubale, questi lo aveva aiutato con la storia del crocifisso di Nenè u mirciaru, non è che Tanino fosse uomo di nobili sentimenti e neanche ruci ri mussu, è che Asdrubale gli faceva pena, mai na fimmina in tutta la vita.

mercoledì 8 giugno 2016

Capitoni coraggiosi

"Rafilì, che facimm' a sera d'a Vigilia? 'O vulimm' fa nu piezz' e capiton'? Quello papà se lo mangia. L'insalata di rinforzo non gli piace, dice che si piazza ncopp’ o stommc, ma il capitone sì. Già è sceso stamattina presto per andare aret' e mur' da Giggino il pescatore. Speriamo che lo trova, sennò chi lo sente! Quello poi se mette dint' e ‘rrecchie, lo sai! E' pegg' e nu criatur'!"
"Eh, mammà, e che vi devo dire! E facìmml ‘stu capitone. Però ve la dovete vedere voi, perché quello a me mi fa impressione! Se mov' san' san' pur aropp' tagliat'! L'avita taglià vuje."

lunedì 6 giugno 2016

Arti e mestieri: La Lavabiancheria

In ufficio stai per fare backup e chiudere il computer, chiama l’amico, meno male che ti trovo, non mi dire di no, ti porto stasera alla presentazione di Cronache di famiglia, c’è l’autrice gnocca in persona - ma a una così gnocca come fanno a dargli il premio strega?
L’amico iperattivo non si può deludere, ha chiamato solo te e pochi altri, come si fa a dirgli di no. 
Per occasioni come questa ogni azienda seria dovrebbe essere pronta, i dipendenti sarebbero più sereni, dimostrando attaccamento maggiore al lavoro, si tratta solo di assumere con contratto di apprendistato delle giovani robuste e piene di salute. 

venerdì 3 giugno 2016

Roby Facchinetti, mon amour

Stamattina Roby si è alzato presto.
"Dove vai?" - gli ho chiesto.
"Prima di andare in sala di registrazione vado a fare jogging, piccola" 
“Ma che dici?"
"Scusa, piccola, volevo dire che prima di andare in sala di registrazione vado dal barbiere a tagliarmi i capelli"
Sì i capelli! Ma se usa il parrucchino da anni?

mercoledì 1 giugno 2016

Ni ficiru i scarpi

Ni ficiru i scarpi
Ni futtieru a tutti
Futtieru un paisi sanu
Ni ficiru i scarpi
A mia, a tia, puru a to matri e a me patri.
A cu si sentiva u megghiu, puru.
Ni ficiru i scarpi affacciu affacciu
E ‘nsutta ‘nsutta.
Ma iddi a unu a unu hannu statu ammazzati,
cu scannatu
e cu r’intra a ciella ru carceru
cu scannatu
e cu a casa malatu
cu scannatu
e cu ammazzatu ri l’amici
Scarpi pi tutti
Scarpi che parevano belli
Scarpi di cimentu
Buani sulu pi affunnari
Tè, pigghiati sti scarpi
Ti fazzu sti scarpi cu tuttu u cuari.
Tutti l’hannu a sapiri zoccu ficiru ‘sti malagienti ra Baaria,
ra testa ri l’acqua
ai sgraccatura ri chiazza
ni ficiru i scarpi,
e tutti a stamu paiannu.


‘A SBRURICATA

Io havia ‘u bellu tammutu
Accattato faciennu pitittu
A libretta ra muarti arriccugghiuta a corpi di centu liri
Io stava suara ‘nto bello tammutu
Io stava quieta
Io stava tranquilla n’to me tammutu
Mi vinniru a sbruricari ru me tammutu
Na jurnata ca c’era u suli
Abbrucciamula
Ramucci fuacu
Mi niscieru ru me tammutu pi affittarisillu
Mi iccaru a benzina ‘ncapu u casciuni
Abbruciamula
Ramucci fuacu
Hanno a muoriri tutti comu sbruricaru a mmia.


Giorgio D'Amato